I licenziamenti per riduzione del personale sono consentiti (A) ai datori di lavoro che occupano più di 15 dipendenti, nelle ipotesi di riduzione, trasformazione o cessazione dell’attività, quando si intenda licenziare almeno 5 dipendenti nell’arco di 120 giorni in ciascuna unità produttiva o in più unità produttive nell’ambito del territorio di una stessa provincia e (B) nell’ipotesi di esuberi di personale presso le imprese ammesse alla CIGS, dove il recesso deriva dall’impossibilità di reimpiegare i lavoratori sospesi (i).
In entrambi i casi, si applicano le procedure previste in materia di mobilità, che iniziano con una comunicazione preventiva per iscritto del datore di lavoro alle RSA e alle rispettive associazioni di categoria o, in mancanza, alle associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale, nella quale devono essere indicati (a) i motivi tecnici, organizzativi o produttivi per i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee a porre rimedio alla predetta situazione ed evitare la dichiarazione di mobilità (b) il numero, la collocazione aziendale e i profili professionali del personale eccedente nonché del personale abitualmente impiegato (c) i tempi di attuazione del programma di mobilità (d) le eventuali misure per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale dell’attuazione del programma medesimo.
Le suddette informazioni costituiscono la base delle successive consultazioni tra le parti, che possono essere richieste entro sette giorni dalle RSA, ai fini di un esame congiunto per valutare le cause dell’eccedenza e le possibilità di riassorbire il personale, e si possono protrarre per un periodo massimo di 45 giorni. L’esito delle consultazioni deve essere comunicato dal datore di lavoro alla Regione o alla Provincia competente delegata dalla Regione (ii).
Nel caso non sia stato raggiunto un accordo, inizia una nuova fase negoziale della durata massima di 30 giorni, nel corso della quale l’ufficio competente convoca le parti per formulare nuove proposte di accordo e individuare soluzioni per il reimpiego dei lavoratori (iii).
Anche in assenza di accordo, il datore di lavoro può procedere ai licenziamenti comunicando l’atto di recesso a ciascun lavoratore, nel rispetto dei termini di preavviso,e contestualmente un elenco dei lavoratori collocati in mobilità deve essere comunicato alla Direzione Regionale del Lavoro, alla Commissione regionale per l’impiego e ai sindacati (iv). I lavoratori possono impugnare il licenziamento entro i successivi sessanta giorni (v).
I criteri di scelta sui lavoratori da licenziare, in mancanza di accordo sindacale, sono: (a) carichi di famiglia (b) anzianità di servizio presso l’azienda (c) esigenze tecnico produttive ed organizzative (vii).
Come evidenziato dalla giurisprudenza, per i licenziamenti collettivi la legge ha previsto un controllo dell’iniziativa imprenditoriale, concernente il ridimensionamento dell’impresa, devoluto ex ante alle organizzazioni sindacali, destinatarie di incisivi poteri di informazione e consultazione. Pertanto, i residui spazi di controllo devoluti al giudice non riguardano gli specifici motivi della riduzione del personale, ma la correttezza procedurale dell’operazione (1).
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Riferimenti normativi: (i) art. 24 e art. 4 legge n. 223 del 23 luglio 1991 (ii) art. 4 commi 5 e 6 legge 223/1991 (iii) art. art. 4 comma 7 legge 223/1991 (iv) art. 4 comma 9 legge 223/1991 (v) art. 5 comma 3 legge 223/1991 (vi) art. 5 comma 1 legge 223/1991.
Sentenze: (1) Cassazione 14 giugno 2007 n. 18876.
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